Come introduzione, voglio precisare che non intendo scrivere un trattato di psichiatria né di psicologia. Di questi temi che riguardano la nostra mente, si sono occupati e si occupano degli specialisti di ogni rispetto.
Le considerazioni che seguiranno s’inquadrano invece in un contesto abbozzato in parecchi dei miei appunti precedenti, anche se non completamente esplicitati. Si tratta del postulato che considera tutti gli esseri viventi come delle macchine biologiche autoreplicanti.
Alla base di tale ipotesi, che ritengo assai originale se vista nel suo complesso, si trova un fatto incontrovertibile: il controllo automatico di tutti gli organi che compongono i corpi di ogni essere, animale o vegetale.
Il software che provvede a tale compito si trova nel cervello, in allocazioni di memoria di tipo ROM (unità di memoria che possono essere soltanto lette ma non riscritte né cancellate), inserite dalla placenta al momento della costruzione di un nuovo prototipo. Le origini a cui ubbidiscono tali azioni hanno sede nel DNA dell’embrione del nuovo essere.Tale insieme di istruzioni costituisce il Sistema Operativo delle nostre macchine biologiche.
Dalle ROM partono le direttive, ma la loro applicazione viene eseguita da altre zone del cervello che comunicano con le diverse parti dell’organismo mediante impulsi elettrici o secrezioni ormonali, attraverso il sistema nervoso e i diversi canali linfatici.
Dette posizioni di memoria non modificabili, si trovano di norma nell’ipotalamo, ma in certi organismi più elementari possono vedersi distribuite in diverse posizioni del corpo. Per definizione, le informazioni in esse contenute non possono essere alterate dalla volontà del proprietario né dall’azione di nessuno degli organi sottoposti al controllo automatico.
La velocità fisica del sistema di trasmissione dei comandi verso gli organi interni, dipende fortemente dalle dimensioni della macchina biologica considerata. Per esempio, in certi sauri, data la loro imponente mole corporea, certe decisioni potevano impiegare un tempo troppo lungo per arrivare all’organo destinatario, e allora certi compiti di controllo provenivano da cervelli sparsi lungo il corpo, per esempio per pilotare il movimento della loro coda che impiegavano come arma di offesa e di difesa.
Quindi, in concreto, il cervello (unità di elaborazione centrale) come pilota della macchina biologica, e la corteccia cerebrale come un suo vero booster. Ed è la disponibilità di quest’ultima che ci contraddistingue da tutti gli altri animali più o meno intelligenti.
Sebbene non sia difficile comprendere e accettare una tale teoria, rimangono degli addentellati che interessano qualcosa già considerata in altri miei appunti: l’esistenza. Intesa come analisi e ricerca di uno scopo della presenza di dette macchine sul nostro pianeta.
A questi effetti, ho introdotto da diversi anni la teoria dell’Algoritmo Creatore (AC), alla base della nascita, della vita e della sua evoluzione. Detto messaggio-istruzione si troverebbe in seno alla materia, essendo essa il solo elemento presente al momento della comparsa della vita. Per quest’ultimo evento è necessario che in quel messaggio sia stata presente qualche forma, elementare quanto si voglia, di DNA. Su questo coincido con la posizione di S. Hawking.
L’AC agisce attraverso il DNA che costituisce la sua banca-dati, curando e ottimizzando lo sviluppo delle diverse specie. Le nuove specie appaiono per mutazione del DNA presente in qualcuna precedente, e l’habitat s’incarica di promuoverle se confacenti con le sue caratteristiche e possibilità, o di rifiutarle ed eliminarle sin dalla nascita in caso contrario.
Un aspetto fondamentale dell’attività e presenza dell’AC, consiste nella riproduzione sessuata degli appartenenti a tutte le specie, presente in tutti i viventi e con le stesse modalità di stimoli e premi. Mediante questo dispositivo, esso si assicura il tramando del DNA come vero scopo della riproduzione. Per evitare di ripetermi, consiglio una rilettura dei miei appunti sull’Esistenza.
A questo punto disponiamo di una macchina biologica pilotata da un cervello, e da questa affermazione ne deriva una tematica molto interessante e avvincente.
A causa del nostro habitat caratterizzato dall’alternanza tra luce e buio, dovuto alle caratteristiche e peculiarità del nostro pianeta nel sistema solare che ci ospita, la nostra vita si vede ben divisa tra giorno e notte, luce e buio e tra sonno e veglia.
Possiamo iniziare questa disamina del nostro comportamento, partendo dal periodo di veglia che incomincia al risveglio o abandono della fase del sonno.
In questo stato della nostra esistenza (la veglia), ci vediamo occupati dall’esecuzione di tutte le azioni pratiche inerenti la nostra vita. L’attività del nostro cervello, unità centrale del nostro elaboratore, si vede divisa in due compiti ben distinti: uno, quello di sopperire al controllo automatico degli organi del nostro corpo, come la respirazione, la circolazione sanguinea o le secrezioni epatiche, pancreatiche, etc., e un altro, occupato dalla coscienza, libera di agire senza limiti precisi. Intendiamoci: senza limiti intrinseci, dato che in linea di principio tutti gli altri dipendono dalla nostra cultura e dall’abitudine all’esercizio di questa disciplina.
Ed è in questa fase che svolgiamo le nostre attività più importanti, come quella di pensare, che riteniamo la più normale e semplice delle nostre possibili azioni.
Non si è certi che tutti gli animali posseggano una coscienza, e non entrerò in questa disamina. Mi occuperò quindi della macchina biologica che meglio conosciamo: quella dell’Uomo.
La coscienza prende possesso di tutte le RAM (unità di memoria capaci di essere lette e/o riscritte e/o cancellate) disponibili nel cervello escluse quelle destinate al controllo automatico degli organi interni, e agisce in time-sharing (spartizione del tempo di utilizzo delle nostre capacità), concedendo l’impiego della CPU (unità centrale di processo) a diverse attività: quella di tipo pratico che stiamo svolgendo, come raderci la barba, camminare, mangiare o guidare un automezzo, e a altre di tipo onirico e speculativo (affioramenti della psiche), in piena fase di veglia, durante le pause concesse dagli impegni prioritari (sognare ad occhi aperti).
Ed è durante la fase di veglia che avvengono la maggior parte degli elaborati che andranno a far parte della nostra personalità, i quali verranno a loro volta ottimizzati in quell’altra fase straordinaria che precede il sonno (dialogo col proprio guanciale), e posteriormente fatti propri.
Quindi, la coscienza come controllore ed esecutrice delle nostre azioni e decisioni.
Ma esiste anche un altro significato per il termine coscienza, oltre a quello visto in precedenza nella suddivisione della mente.
Mi riferisco a quell’insieme di regole e condizionamenti che consentono e vagliano il nostro rapporto con l’esterno. Si tratta di un volano la cui velocità di rotazione le imprime le caratteristiche di un giroscopio, impedendoli, in linea di principio, ogni deviazione. Si tratta di quello che consideriamo il nostro criterio. Da lì, il termine scriteriato per intendere incosciente. Questo cumulo di norme si compone, modifica e completa durante tutta l’esistenza.
Purtroppo, questo colossale bagaglio di norme non è ereditabile, e ogni generazione è chiamata a riempire le caselle vuote della coscienza ripetendo le stesse esperienze vissute da quella precedente, siano esse positive che negative, col relativo dilapidamento di tempo e risorse. E dato che le nozioni da imparare sono ogni volta di più, ecco che l’età d’inserimento delle nuove leve nella società avviene via via più in ritardo.
La coscienza dispone di mezzi per eliminare la macchina che l’alloggia? In linea di principio sì. Ma sono molte le sicurezze che deve forzare per farlo, contenute nel Manuale d’Uso della macchina stessa presente nell’ipotalamo, e che conosciamo come spirito di conservazione.
Nei paragrafi precedenti ho presentato per sommi capi, le caratteristiche del comportamento del cervello durante la fase di veglia in presenza della coscienza, ed in quelli che seguiranno vedrò di presentare le mie posizioni sulle caratteristiche della fase del sonno (principalmente durante le ore buie), occupata quasi esclusivamente dalla psiche.
La fase del sonno si caratterizza per un rallentamento delle funzioni primarie di ogni organismo, come il ritmo respiratorio e quello cardiaco, la temperatura corporea, etc. Tutte le macchine biologiche hanno bisogno di questa fase e la esercitano in svariate maniere. In primis, si ha bisogno del sonno per permettere alle masse muscolari di eliminare le tossine accumulate durante gli sforzi del quotidiano, e parallelamente per allentare la pressione esercitata dalla coscienza sull’intero sistema. Quest’ultima ragione si traduce per un reset dei solleciti presenti sulle RAM al momento di abbandonare la fase di veglia, che consistono in un rilassamento dei sistemi nervoso e muscolare.
In concreto, durante il sonno è la psiche ad impossessarsi dell’impiego della maggior parte delle disponibilità dell’elaboratore, tacitando ogni ingerenza della coscienza. La maggior parte, perché il rimanente è destinato al controllo automatico degli altri organi che compongono la macchina, ovviamente funzionanti durante il sonno, anche se in modalità diverse di quelle in esercizio durante la veglia.
Tra le diverse attività della psiche troviamo i sogni. Essi sono dei suoi elaborati che ci presenta come una scimmiottatura di realtà vissute in precedenza, o come vere e proprie creazioni (azioni presenti tra le capacità delle nuove AI). Per farceli vivere, con le relative sensazioni emotive in audio e video tipiche della pièce che ci presenta, la psiche accede alla banca-dati dell’elaboratore presente nelle sue regioni di memoria recente, passata e antica, alle quale attinge liberamente estraendo quanto le occorre, e riservandosi il ruolo di regista.
Quando le caratteristiche dei sogni si traducono per visioni del possibile comportamento o piazzamento della macchina coniugato al futuro, vengono denominati (gratuitamente) premonitori. Sono molto critico su questi eventi, avendo negato in molte occasioni la possibilità di accedere a informazioni relative a ciò che accadrà oltre il presente.
Nel caso di vivere dei sogni allucinanti come gli incubi, si rischia pure il decesso (distruzione della macchina biologica). Questa eventualità deriva da un innalzamento fuori controllo della pressione arteriosa e l’avvento di un relativo infarto, provocato dallo stato emozionale in corso. Questi eventi, meno rari di quanto si pensi, vengono poi presentati in tutta semplicità, come morti durante il sonno.
È tale l’importanza che assegno alla psiche, che il altre occasioni arrivai a postulare che essa costituisca il vero essere, e che durante l’esistenza si serva di un corpo materiale semovente. Questa posizione porta a un’altra derivata: data l’immaterialità della psiche, essa, una volta esaurita la vita biologica della macchina che l’aveva alloggiata, potrebbe procurarsi un’altra residenza al momento della creazione di un nuovo prototipo. Ecco un appiglio per i sostenitori della reincarnazione. Questa tesi si vede minata alle fondamenta quando si trova a dover spiegare la provenienza di psiche nuove e inedite, necessarie per pilotare l’ingente numero di prototipi presenti nell’attuale sovrappopolazione del pianeta.
Quindi la psiche come depositaria del nostro ego e personalità.
E come dimenticare in questa breve rassegna i tanti aspetti del tanto decantato paranormale? Impossibile. Sia in pro che in contro, esso ha permeato la nostra immaginazione sin dalla nostra tenera età. La trasmissione del pensiero, la telecinesi, la levitazione, etc., come vie primitive nonché alla base di tante fantasie. Cito Michele, l’eroe di un mio romanzo, che a causa di un trauma provocato da un fulmine, si trova nella sgradevole e inaspettata situazione di ricevere-ascoltare il pensiero di quanti vengano a trovarsi nelle sue vicinanze. Egli visse un inferno pagano.
Un richiamo alla fisica imponderabile ci porta a supporre che molte delle sensazioni e conoscenze in nostro possesso, facciano parte di un cloud che ci sovrasta. A detto spazio avrebbero accesso pure le componenti immateriali di tutti coloro che ci hanno preceduti, e ciò giustificherebbe anche certi fenomeni come quelli spiritici, o più in generale quelli appartenenti agli ESP (Extra Sensorial Perceptions).
Un altro aspetto che assilla i pensatori, sin dai classici, e l’alloggio di tutti quei aspetti che di norma facciamo rientrare in quella forma superiore di “sentimenti”, come l’amore o l’odio. Non certi che essi facciano parte della mente degli altri animali, dobbiamo convincerci che essi siano un prodotto della nostra corteccia, unica differenza che ci distingue.
Concludendo questa breve disamina, inquadrata più che altro nella fisica che nella sociologia, possiamo dire che il campo (sia filosofico che razionale), anche se ben esplorato in passato e al presente, dispone ancora di spazio per posizioni poco allineate di fronte all’ortodossia.
Coraggio! Il futuro sarà nostro se le AI ce lo consentiranno.